URBANISTICA ED EDILIZIA - TITOLO EDILIZIO - Cons. Stato Sez. IV, 29-11-2017, n. 5598

URBANISTICA ED EDILIZIA - TITOLO EDILIZIO - Cons. Stato Sez. IV, 29-11-2017, n. 5598

Il rilascio di una variante non essenziale non è idonea a riaprire i termini per impugnare il permesso di costruire originario, mentre lo è quella essenziale, che consente la realizzazione di un quid novi e, quindi, va qualificata come nuova concessione (d.p.r. n. 380/2001, T.U. Edilizia).L'Amministrazione non ha la possibilità di disporre l'annullamento parziale di un permesso di costruire volto alla realizzazione di un complesso immobiliare comprendente più corpi di fabbrica diversi e funzionalmente collegati, non avendo alcun potere di rielaborare il progetto, trattandosi di valutazioni e di scelte rimesse in via esclusiva all'autonomia privata. Cons. Stato Sez. IV, 29-11-2017, n. 5598

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5039 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Signora L.A.O.S., rappresentato e difeso dagli avvocati Felice Laudadio, Ferdinando Scotto, con domicilio eletto presso lo studio Felice Laudadio in Roma, via G.G.Belli Nr 39;

contro

Comune di Marigliano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Settimio Di Salvo, Fabiana Perretti, con domicilio eletto presso lo studio Bruno Moscarelli in Roma, via Augusto Aubry, 1;

società I. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Enrico Soprano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi, 5;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania - Sede di Napoli - Sezione II, n. 1502 del 18 marzo 2013, resa tra le parti, concernente permesso di costruire rilasciato per la realizzazione dei lavori di abbattimento e ricostruzione fabbricato.

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Marigliano e della società I. s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Laudadio, Scotto, Orazio Abbamonte per Di Salvo e Di Lauro su delega di Perretti;

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 1502 del 18 marzo 2013 il Tribunale amministrativo regionale della Campania - Sede di Napoli - ha soltanto in parte accolto il ricorso di primo grado, notificato il 6/12 aprile 2012, proposto dall'odierna parte appellante principale Signora L.A.O.S., volto ad ottenere l'annullamento del permesso di costruire n. 20 del 14 marzo 2011, rilasciato alla società I. s.r.l. per la realizzazione di lavori di demolizione e ricostruzione, con ampliamento del 35% ex art. 5 L.R. n. 19 del 2009, del fabbricato sito in Marigliano al corso Umberto I, 194, nonché in via presupposta del parere del responsabile dell'istruttoria del 30 novembre 2010, n. 5637/Sett. Urb., nonché del parere del Direttore generale n. 347/DG e di ogni altro atto collegato, connesso e conseguente.

2. L'originaria ricorrente aveva proposto il ricorso di primo grado deducendo:

a) di essere proprietaria dell'intero secondo piano di un palazzo di due piani sito in Marigliano al corso Umberto I, 188, ad angolo con l'inizio di via Nicotera;

b) che, sull'area parzialmente frontistante la propria abitazione, il Comune di Marigliano aveva approvato, con il permesso di costruire n. 20 del 14 marzo 2011, il progetto edilizio presentato dalla società I. s.r.l. per la realizzazione, previa demolizione della preesistente villa e con l'aumento di cubatura previsto dal c.d. Piano Casa, di un edificio a corpo unico con due scale composto da tre piani fuori terra, oltre al piano rialzato, e diviso in 22 o 24 appartamenti per civili abitazioni più 6 locali commerciali;

c) che, tuttavia, l'immobile preesistente consisteva in una villa padronale di struttura sottile, costruita negli anni Trenta in stile razionalista, circondata su due lati da un ampio giardino e per gli altri due con affaccio sul corso Umberto e su via Nicotera, dai quali era separata da un vialetto largo circa due metri che correva lungo un basso muretto di recinzione sormontato da paletti e rete metallica;

d) che, all'esito della richiesta di accesso ai documenti (consegnati al tecnico incaricato dalla odierna appellante soltanto in data 12 marzo 2012), si era potuto constatare che il progetto concernente lo stato di fatto era stato redatto sulla base di una falsa rappresentazione della consistenza, in termini di volume e di superficie, sia del corpo "A" (asseritamente preesistente nel giardino lato via Nicotera), sia del corpo "B" (cioè la villa vera e propria), con la conseguenza che l'intervento approvato avrebbe comportato la realizzazione di un'entità edilizia completamente diversa rispetto a quella preesistente, con un notevole incremento volumetrico, nonché una modifica delle destinazioni d'uso e della sagoma.

2.1. Essa aveva quindi prospettato quattro articolate censure di violazione di legge e di eccesso di potere, supportate da una perizia giurata a firma del geometra C.S..

3. Il Comune di Marigliano e la società I. s.r.l. si erano costituiti in giudizio deducendo la tardività, l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso; la società controinteressata aveva depositato una perizia giurata a firma dell'architetto A.D.M..

3.1. Con ordinanza n. 671dell'11 maggio 2012, il T.a.r., in sede di delibazione sull'istanza cautelare proposta, aveva disposto una verificazione; infine, la causa è stata posta in decisione.

4. Il primo giudice, con la sentenza impugnata, ha:

a) dichiarato inammissibile, in quanto palesemente tardiva, l'istanza di ricusazione del verificatore nominato, proposta dalla odierna appellante; per altro verso, ha osservato che, se la detta istanza di ricusazione fosse stata da intendersi quale rivolta nei confronti della persona dell'architetto Maurizio Biondi (ausiliario tecnico del quale il verificatore era stato autorizzato ad avvalersi), la detta istanza avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile in quanto la parte originaria ricorrente, attraverso i propri legali, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2013 fissata per la decisione della formale richiesta del funzionario verificatore di avvalersi dell'ausilio di tale architetto, non aveva proposto alcuna opposizione, prestandovi quindi adesione; in ultimo, il T.a.r. ha osservato che nessuno dei motivi prospettati rientrava nel perimetro applicativo di cui all'art. 51 c.p.c., per cui la richiesta non avrebbe comunque potuto trovare accoglimento;

b) sempre in via preliminare, ha quindi disatteso le eccezioni di tardività e di inammissibilità del ricorso di primo grado, sollevate dalle parti odierne appellate, respingendole entrambe; parimenti sono state disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva e di carenza di interesse in capo all'appellante (incentrate sulla asserita non lesività dell'erigenda opera).

4.1. Passando all'esame delle censure di merito, il T.a.r. con la sentenza impugnata ha:

a) disatteso -dopo esame congiunto delle stesse- la prima e la quarta censura, -incentrate sulla supposta inapplicabilità della normativa regionale relativa al cosiddetto Piano Casa, per effetto dello "stralcio" della zona in questione in sede di approvazione del P.R.G. del Comune di Marigliano-, rilevando che:

I) la L.R. Campania n. 19 del 28 dicembre 2009, c.d. "Piano Casa", nella dichiarata finalità di contrastare la grave crisi economica e di tutelare i livelli occupazionali attraverso il rilancio delle attività edilizie, aveva disciplinato interventi di incremento volumetrico e di superfici, da attuare sui singoli edifici, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, in relazione ad un arco di tempo limitato, con casi di esclusione ben determinati;

II) la L.R. in questione (successivamente modificata ed integrata dalle leggi regionali 5 gennaio 2011 n. 1, 15 marzo 2011 n. 4 e 6 luglio 2012 n. 17) aveva quindi introdotto una normativa eccezionale e derogatoria, come tale prevalente rispetto al regime urbanistico ordinario (artt. 4, 5, 7, 8,12 bis della legge regionale citata);

III) da ciò discendeva che la L.R. n. 19 del 28 dicembre 2009 trovava applicazione sull'intero territorio regionale, prescindendo dall'esistenza o meno di previsioni urbanistiche vigenti (nonché dalla classificazione in zone omogenee eventualmente operata in sede di pianificazione urbanistica dai singoli Comuni), ma avendo di mira esclusivamente, in attuazione della dichiarata finalità legislativa, il recupero del patrimonio edilizio esistente;

IV) gli unici casi di esclusione dell'applicazione di detta disciplina, quindi, erano quelli previsti, direttamente o indirettamente, dalla medesima legge regionale;

V) in particolare, poteva trattarsi di quelli espressamente previsti dall'articolo 3 (che inibiva gli interventi edilizi di cui agli articoli 4, 5, 6/bis e 7, in relazione alle ipotesi ivi tassativamente delineate), ovvero, in virtù del rinvio operato dalla legge regionale alla potestà pianificatoria dei Comuni (di cui all'art. 4, comma 6, all'art. 5, comma 7 ed all'art. 7, comma 7), di quelli previsti dai Comuni "nelle aree individuate ... con provvedimento di consiglio comunale motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio, nel termine perentorio di 60 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge".

VI) da ciò discendeva, che lo "stralcio" della zona B (in cui si trovava l'immobile in questione) dal P.R.G. del Comune di Marigliano fosse del tutto irrilevante, in quanto l'assentito intervento edilizio (concernente un'ipotesi di demolizione e ricostruzione con aumento entro il limite del 35% della volumetria esistente, ai sensi dell'articolo 5 della L.R. n. 19 del 2009) non rientrava in alcuno dei casi di esclusione contemplati, direttamente o indirettamente, dalla medesima normativa regionale.

Il T.A.R. proseguiva facendo presente che l'amministrazione comunale di Marigliano, nell'esercizio del suindicato, specifico, potere pianificatorio in materia urbanistica, aveva espressamente deliberato (con la deliberazione di Giunta Comunale n. 13 del 23 febbraio 2010, integralmente confermata dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 3 del 26 febbraio 2010), che, "al fine di favorire l'uniforme applicazione nell'ambito del territorio comunale" della L.R. n. 19 del 2009, gli interventi di cui all'articolo 5 di tale legge nelle aree residenziali "stralciate" (A, B, C), "sono consentiti nel rispetto delle distanze ed altezze stabiliti dalle Norme Tecniche di Attuazione".

Ne conseguiva l'ammissibilità dell'intervento edilizio in questione, in quanto conforme alla normativa regionale di riferimento (pienamente applicabile nella specie) e, comunque, espressamente consentito dalle citate deliberazioni comunali (emanate nell'esercizio dello specifico potere conferito ai Comuni di individuare eventuali aree del territorio comunale da sottrarre all'applicazione della L.R. n. 19 del 2009).

4.2. Nel prosieguo della motivazione il T.a.r. si è poi fatto carico di esaminare la subordinata eccezione di incostituzionalità della detta legge regionale in quanto asseritamente contrastante con l'articolo 117 della Costituzione e ne ha affermato la manifesta infondatezza; ha quindi esaminato la ulteriore doglianza subordinata, contenuta nella quarta censura del ricorso di primo grado (relativa alla mancata previsione, nel provvedimento impugnato, di una percentuale destinata ad "housing sociale") e ne ha escluso la fondatezza alla luce della circostanza che l'articolo 5 della L.R. n. 19 del 2009 non prevedeva, in relazione agli interventi straordinari di demolizione e ricostruzione, alcuna riserva in tal senso (invece prevista dalla diversa fattispecie di cui all'articolo 7 della stessa legge, la cui finalità, concerneva la risoluzione delle problematiche abitative e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, da attuare mediante interventi di edilizia residenziale sociale).

4.3. Concluso tale excursus, nella sentenza impugnata sono state quindi congiuntamente scrutinate la seconda e la terza censura (entrambe dirette a contestare la legittimità dell'impugnato permesso di costruire sotto il profilo della erronea rappresentazione e considerazione dello stato di fatto preesistente, rispettivamente, in termini di volumetria e di altezza); richiamati gli esiti della disposta verificazione, il T.a.r. ha:

a) ritenuto parzialmente fondata la seconda censura, in quanto i verificatori avevano accertato una erronea rappresentazione della volumetria complessiva preesistente (per una differenza di mc. 237,32), che aveva condotto, in sede di incremento volumetrico ex articolo 5 L.R. n. 19 del 2009, alla illegittima autorizzazione di un maggior volume pari a mc. 212,58;

b) ha respinto la terza censura, invece, non essendo state riscontrate le difformità lamentate, né in relazione all'altezza del nuovo fabbricato (che non eccedeva quello preesistente), né in relazione all'asserita mancanza di spazi destinati a parcheggi e a verde (regolarmente previsti nei grafici approvati).

4.4. Conclusivamente, il ricorso è stato accolto limitatamente ad una parte della seconda censura ed entro tali limiti è stato annullato l'impugnato provvedimento ampliativo, mentre per il resto il ricorso di primo grado è stato disatteso.

5. La Signora L.A.O.S., odierna parte appellante, già ricorrente rimasta parzialmente soccombente nel giudizio di prime cure, ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe, chiedendone la riforma; ha ripercorso il contenzioso intercorso ed ha chiarito quali perplessità avesse già evidenziato, nel corso del giudizio di primo grado, in ordine agli approdi cui era giunto il tecnico verificatore nominato.

Con l'appello depositato in data 2.7.2013 ha quindi dedotto che:

a) (primo motivo di censura) l'Arch. Biondi aveva partecipato, senza alcun titolo, al sopralluogo del 14.12.2012 ed ha fatto presente che non appariva corretto che il termine per la proposizione della ricusazione fosse fatto decorrere dal 24.10.2012: ciò che si era censurato con il ricorso riposava nell'abusivo affidamento di compiti e funzioni al predetto Architetto; ne discendeva che l'istanza proposta il 26.1.2013 era tempestiva Il verificatore, comunque, aveva debordato dai compiti affidatigli ai punti 1, 2, 3, 4 e 5 della ordinanza n. 671/2012 che aveva formulato i quesiti;

b) (seconda censura) la verificazione era errata nella parte in cui aveva limitato a soli mc 212,58 l'eccedenza della volumetria assentita, in quanto:

I) quanto al corpo A (pollaio), era errata la qualifica di superficie residenziale: i mc. 85,20 non dovevano essere computabili;

II) l'altezza del locale 1 era stata computata in sei metri, mentre invece, in passato, non superava i 3 metri: l'entità volumetrica era di mc 172, invece dei 329,69 computati;

III) quanto al locale B (qualificato dalla società appellata "deposito"), la quantificazione resa collideva con l'art. 34 del RE del comune di Marigliano, cui faceva riferimento il pregresso art. 22, nella parte in cui stabiliva che nei piani seminterrati non potevano essere consentite abitazioni, né altre attività umane;

IV) parimenti errata (censura n.2.2) era la individuazione dei volumi recuperabili al secondo piano, in quanto fondata su una variante mai concessa;

V) l'art. 22 comma 5 del RE impediva di considerare volume recuperabile in costruzione la terrazza coperta: conclusivamente, la illegittima maggiorazione volumetrica era pari non alla modesta cifra di soli mc 212,58, ma a mc 1.249,97 (come peraltro assunto anche dal Giudice penale con il provvedimento che aveva disposto la celebrazione del giudizio);

c) (terzo motivo di censura) era errata la prima parte della gravata decisione, nella parte in cui aveva fatto riferimento alla natura "speciale" e derogatoria delle disposizioni di cui al c.d. "Piano Casa": ha pertanto riproposto le doglianze disattese in primo grado e reiterato, in via subordinata (punto 3.3. dell'appello), la questione di costituzionalità dichiarata manifestamente infondata dal T.a.r.;

d) (quarta censura) era errata la motivazione della sentenza in cui si era affermato che le disposizioni di cui al c.d. "Piano Casa" non contemplavano la necessità di indicare la parte da destinare ad "housing" sociale (artt. 5 e 7 della L.R. n. 19 del 2009).

5.1. In data 6.8.2013 l'appellante principale ha depositato ulteriori motivi aggiunti in appello, deducendo che l'annullamento parziale del titolo edilizio era del tutto errato: una volta documentato che il titolo era fondato su una volumetria inassentibile, il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere integralmente accolto ed il permesso di costruire annullato interamente (il manufatto era stato peraltro sequestrato dalla procura della repubblica di Nola ed il Dirigente dell'Utc del comune era stato rinviato a giudizio per il delitto di falso).

6. L'appellata amministrazione ha depositato due articolate memorie, riepilogando l'andamento del procedimento svoltosi e chiedendo la reiezione dell'appello (anche e soprattutto con particolare riferimento ai motivi aggiunti notificati il 14 marzo 2014), perché infondato.

7. La originaria controinteressata appellata società I. s.r.l. ha depositato articolate memorie, chiedendo la reiezione dell'appello e dei motivi aggiunti in appello, in quanto infondati.

8. Quest'ultima ha altresì proposto un ricorso in appello incidentale (depositato il 18.10.2013) contestando la esattezza della gravata sentenza, laddove questa aveva accolto la tesi secondo cui v'era stata una erronea rappresentazione della volumetria preesistente (mc. 237,32), con conseguente assentimento di un maggior volume pari a mc 212,58 (secondo motivo di censura contenuto nel ricorso di primo grado) deducendo che:

a) quanto al corpo A, infatti, doveva farsi riferimento ad una altezza media di mt. 7 (superficie in pianta pari a mt. 121,00);

b) erroneamente i verificatori avevano escluso dal calcolo i volumi del forno ed i volumi non delimitati su tutti e quattro i lati dalle pareti, disattendendo la loro stessa affermazione di partenza in ordine al volume lordo;

c) anche l'altezza non era stata correttamente calcolata;

Erroneamente, pertanto, era stato disposto l'annullamento parziale del permesso di costruire n. 20/2011.

9. Alla adunanza camerale del 27 agosto 2013, fissata per la delibazione dell'incidente cautelare, la controversia è stata rinviata al merito (il 3.7.2013 era stato reso decreto presidenziale in ordine alla richiesta di tutela cautelare urgente inaudita altera parte).

10. In data 18.3.2014 la originaria ricorrente ha proposto un atto di motivi aggiunti di appello (depositato il 28.3.2014) nell'ambito del quale ha rappresentato le ulteriori evidenze che potevano evincersi dal procedimento penale pendente, nell'ambito del quale era stato emesso un decreto di citazione a giudizio nei confronti del progettista e direttore dei lavori e dei titolari della società I..

11. Alla adunanza camerale del 5 maggio 2014, nuovamente fissata per la delibazione dell'incidente cautelare, la controversia è stata nuovamente differita al merito.

12. In vista della udienza pubblica del 27 gennaio 2015 le parti hanno depositato memorie tese a puntualizzare e ribadire le proprie rispettivi deduzioni, eccezioni, e doglianze. La società appellata, in particolare, ha fatto presente che nessuna conseguenza probatoria e neppure indiziante poteva trarsi dal pendente procedimento penale, essendo quest'ultimo in fase embrionale: il provvedimento che disponeva il giudizio, infatt,i era stato reso prima che il T.a.r. con la gravata sentenza avesse smentito le numerose infondate prospettazioni dell'appellante in ordine alla illegittimità dell'avvenuto rilascio del permesso di costruire.

11. Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2015 la causa è stata posta in decisione dal Collegio ed è stata resa la sentenza parziale n. 755 del 12 febbraio 2015, da intendersi integralmente richiamata e trascritta in questa sede.

11.1. Nella citata sentenza parziale n. 755/2015 la Sezione ha:

a) respinto la prima censura (concernente la statuizione resa dal T.a.r. in punto di ricusazione del verificatore), nonché le (tra loro connesse) doglianze prospettate nel terzo e nel quarto motivo di appello, relative alla disciplina regionale del c.d. "Piano Casa" della Campania, dichiarando anche manifestamente infondate le riproposte questioni di legittimità costituzionale;

b) ritenuto che la causa non fosse matura per la decisione sul merito, con riferimento alla (centrale) questione proposta nel secondo motivo dell'appello principale;

c) quanto a tale nodale tematica, infatti, ad avviso dell'appellante principale, la sentenza di primo grado aveva acriticamente recepito le risultanze contenute nell'elaborato di verificazione, stabilendo che l'incremento volumetrico assentito esuberante rispetto alla consistenza del preesistente immobile fosse determinabile soltanto nella misura di mc. 212 (sostenendo invece che detto ampliamento illegittimo sarebbe stato di gran lunga superiore, e pari a mc.1249, 97);

di converso, la società appellante incidentale aveva negato che la decisione di prime cure fosse stata esatta con riferimento al (modesto) ampliamento riscontrato in quanto non sarebbe stato posto in essere alcun eccesso di cubatura.

11.2. Il Collegio, richiamati gli argomenti del radicale contrasto in relazione a ciascuno dei locali del corpo di fabbrica, ha pertanto dato atto di quali fossero stati i quesiti formulati dal T.a.r. nella propria ordinanza collegiale n. 00671/2012 dispositiva della verificazione di primo grado e, con la citata sentenza parziale n. 755 del 12 febbraio 2015, ha reiterato l'incombente istruttorio, affidandolo al Signor Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, od altro componente del Consiglio Superiore da questi delegato, e disponendo la scansione procedimentale che avrebbe dovuto condurre al deposito -in contraddittorio tra le parti- della relazione conclusiva di verificazione; l'udienza pubblica di trattazione della causa è stata, quindi, fissata alla data del 2 luglio 2015.

12. Successivamente con nota sottoscritta dal Presidente reggente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici si è fatto presente che i tagli al personale e la riduzione degli stanziamenti previsti per l'espletamento dei compiti di istituto rendevano gravoso per il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici lo svolgimento delle richiesta attività di verificazione; si è pertanto prospettata l'opportunità di affidare la stessa al Provveditore alle OOPP per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata.

12.1. L'appellante principale ha depositato una nota facendo presente l'inopportunità della sostituzione dell'Organo Verificatore, in quanto il Provveditorato alle OOPP per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata svolgeva le funzioni di Stazione appaltante unica del Comune di Marigliano; ha pertanto chiesto che venisse confermata la designazione dell'Organo Verificatore di cui alla sentenza parziale n. 755/2015.

13. Alla camera di consiglio del 12 maggio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione per provvedere in ordine a tale limitata questione e, con la ordinanza collegiale r.g.n. 2875/2015 assunta alla camera di consiglio del giorno 12 maggio 2015 e depositata in data 11/06/2015, il Collegio ha preso atto della impossibilità prospettata dal Verificatore nominato nella sentenza parziale n. 755/2015 (Presidente reggente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici) ed ha conferito l'incarico di verificazione indicato nella sentenza n. 755/2015 con i termini e le modalità, anche procedimentali e relativi alle spese, ivi richiamate, al Provveditore alle OOPP per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata o funzionario da questo delegato.

14. In data 30.11.2015 l'appellante principale ha depositato una istanza nell'ambito della quale ha fatto presente che la relazione di verificazione non era stata depositata sebbene il termine fosse scaduto ed ha chiesto la sostituzione del verificatore nominato giusta ordinanza collegiale 2875/2015 assunta alla camera di consiglio del giorno 12 maggio 2015 e depositata in data 11/06/2015.

15. Con la ordinanza collegiale r.g.n. 114/2016 assunta alla camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2016 e depositata in data 15 gennaio 2016 detta istanza di sostituzione del Verificatore nominato, Provveditore alle OOPP per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata, è stata respinta ed è stato assegnato al predetto Verificatore il termine di giorni sessanta per l'espletamento dell'incarico rimessogli, nei modi già indicati nei provvedimenti surrichiamati, decorrenti dalla comunicazione allo stesso della ordinanza, ed è stato disposto che, laddove il detto termine non fosse stato rispettato, né fossero state allegate comprovate ragioni per l'omesso espletamento dell'incarico, si sarebbe proceduto a segnalare la circostanza alla competente Procura della Corte dei Conti.

16. Con istanza depositata in data 9 febbraio 2017 il verificatore nominato Ing. F.O. ha chiesto la proroga del termine di deposito della relazione di verificazione facendo presente che:

a) egli era stato delegato all'espletamento della verificazione con provvedimento del Provveditore n. 1749 del 24.1.2017;

b) aveva ritirato la documentazione il 6 febbraio 2017;

c) stante la rilevante complessità delle operazioni demandate, era necessaria la concessione di un termine pari a 120 giorni;

17. Con la ordinanza collegiale n. 1493 del 31 marzo 2017 assunta alla camera di consiglio del giorno 23 marzo 2017 la Sezione ha concesso al verificatore nominato Ing. F.O. la proroga del termine di deposito della relazione di verificazione determinandola nella misura di 100 giorni dalla comunicazione ovvero notificazione, se antecedente, della ordinanza predetta; ha altresì fissato per la definizione del merito della causa la pubblica udienza del 9 novembre 2017 ed ha disposto che la Segreteria trasmettesse alla Procura regionale della Corte dei conti della Regione Campania ed alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli la ordinanza n. 1493 del 31 marzo 2017 (nonché quella n. 114/2016), per quanto di eventuale competenza in relazione al ritardo nella nomina del funzionario deputato all'esperimento della verificazione disposta con la menzionata ordinanza n. 114/2016.

18. Con la ordinanza collegiale n. 1882 - deliberata alla camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 e depositata in data 21 aprile 2017- la Sezione ha autorizzato il verificatore nominato Ing. F.O. - su conforme istanza da questi presentata- ad avvalersi di un servizio professionale per la restituzione di un rilievo aereo fotogrammetrico finalizzato alla produzione della cartografia numerica dell'area ove sono ubicati gli immobili per cui è processo.

19. In data 3.7. 2017 è stata depositata la relazione di verificazione nell'ambito della quale è stato affermato che:

a) la presumibile consistenza originaria del corpo A era pari a mq. 74,50 di superficie totale ed a mc. 227,00 di volume totale;

b) la presumibile consistenza originaria del corpo B era pari a mq. 1626,00 di superficie totale ed a mc. 5707,00 di volume totale;

c) tali dati, non corrispondevano a quanto indicato nel permesso di costruire n. 20/2011, in quanto ivi il calcolo era stato il suddetto:

I) la consistenza originaria del corpo A era stata indicata nella misura pari a mq. 121,00 di superficie totale ed a mc. 847,00 di volume totale;

II) la consistenza originaria del corpo B era stata indicata nella misura pari a mq. 1690,00 di superficie totale ed a mc. 5896,00 di volume totale;

d) ai sensi dell'art. 5 commi 1 e 7 della L.R. della Campania n. 19 del 28 dicembre 2009 si doveva fare esclusivo riferimento alla volumetria del corpo B, ai fini del calcolo dell'ampliamento massimo di cubatura pari al 35%, in quanto il corpo A non era accatastato, né al momento della presentazione della richiesta di permesso di costruire era in corso alcuna procedura di accatastamento;

d1) la cubatura preesistente "utile" sulla quale calcolare l' incremento massimo di cubatura, quindi, era pari a mc 5707,00 di volume totale: ne discendeva che il volume autorizzabile era pari a complessivi mc 7704,45;

e) il volume autorizzato dal permesso di costruire n. 20/2011 era superiore a tale ampiezza, e pari a mc.9036,29;

f) allo stato, il fabbricato era ultimato in ogni sua parte.

20. In data 4.10. 2017 la società appellata ed appellante incidentale I. s.r.l. ha depositato una memoria, nell'ambito della quale ha dedotto che:

a) il ricorso di primo grado (e quindi anche l'odierno appello principale) era divenuto improcedibile in quanto l'originario titolo edilizio impugnato (permesso di costruire n. 20/2011) che aveva assentito una cubatura pari a mc 9.103,05 era stato "superato" da ulteriori titoli abilitativi in riduzione della cubatura originariamente assentita;

b) in particolare, era accaduto che:

I) per conformarsi a quanto statuito dal T.a.r. circa la (asseritamente) illegittima autorizzazione di una cubatura maggiore rispetto a quella assentibile, per un'ampiezza pari a mc 212,58, era stata presentata, nel 2013, una Scia in variante: dall'assentimento di quest'ultima risultava che il volume autorizzato si era ridotto a mc 8.685,6;

II) tale Scia aveva determinato la revoca del sequestro disposto dalla locale Procura della repubblica sul manufatto;

III) nel 2014 era stata presentata una ulteriore richiesta di permesso di costruire dall'assentimento di quest'ultima (p.d.c. n. 49/2014) risultava che il volume autorizzato si era ridotto a mc 8.400,54;

IV) anche questo provvedimento venne impugnato dalla odierna appellante principale, con ricorso tuttora pendente innanzi al T.a.r (r.g. 3910/2014);

V) era stata poi presentata, nel 2016, una ulteriore Scia in variante: dall'assentimento di quest'ultima risultava che il volume autorizzato si era ridotto a mc 8.444,94;

VI) infine, era stata poi presentata, nel 2017, una ulteriore Scia in variante della precedente scia del 2016: dall'assentimento di quest'ultima risultava che il volume autorizzato si era ridotto a mc 7806,04;

c) il volume in ultimo assentito, pari a mc 7806,04 era di poco superiore a quello indicato dal verificatore (seppur erroneamente) e pari a mc 7704,45;

d) era evidente che il ricorso originario era divenuto improcedibile;

e) in ogni caso, le misurazioni del verificatore erano errate, sia per ciò che concerneva il corpo A che il corpo B;

f) era infine errato sostenere che il corpo A non fosse accatastato: l'immobile risultava infatti contemplato nelle mappe, e tanto bastava per farlo ritenere accatastato (altrimenti argomentando, i notai non avrebbero potuto rogare gli atti di compravendita che negli anni si erano succeduti);

e) a tutto concedere, comunque, se anche si fosse convenuto con la tesi del verificatore, la volumetria originaria del corpo di fabbrica A (certamente esistente, e non contestata da alcuno) doveva essere contemplata, seppur senza l'aumento del 35% del Piano Casa.

21. In data 6.10.2017 la odierna appellante ha depositato una breve memoria rilevando che la relazione di verificazione aveva confermato la fondatezza dell'appello e la irregolarità dell'immobile ed illegittimità del titolo edilizio impugnato.

22. In data 10.10.2017 la società appellata ed appellante incidentale I. s.r.l. ha depositato una perizia di parte, nell'ambito della quale è stata riepilogata la cronologia dei titoli edilizi che hanno interessato l'immobile per cui è causa ed è stato ribadito che, allo stato, tenuto conto della scia presentata ed assentita nel 2017, era stato realizzato un corpo di fabbrica di mc 7804 (rispetto alla volumetria assentibile pari a 8782,66 mc, muovendo da un dato, rappresentato dalla superficie pregressa ed esistente, pari a mc 6505,68) e che questo era diverso da quello assentito con il permesso di costruire del n. 20 del 2011 (che aveva autorizzato una volumetria pari a mc. 9103,05) impugnato con il ricorso introduttivo di primo grado.

23. In data 20.10.2017 la odierna appellante ha depositato una memoria di replica, puntualizzando e ribadendo le proprie difese, ed ha depositato documentazione relativa ai fatti di causa unitamente ad una relazione di un tecnico di propria fiducia volta a confutare le affermazioni del tecnico della società I. secondo le quali a seguito dei provvedimenti abilitativi rilasciati dal comune successivamente al permesso di costruire del n. 20 del 2011 impugnato con il ricorso introduttivo di primo grado vi sarebbe stata una riduzione di sagoma e volume, facendo presente che, semmai, si era al cospetto di una rimodulazione di spazi interni.

23. Alla pubblica udienza del 9 novembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Viene in decisione l'ultimo segmento impugnatorio della complessa controversia descritta nella parte in fatto.

1.1. Ritiene il Collegio che l'appello principale sia fondato e vada accolto, con parziale riforma dell'impugnata decisione, con l'accoglimento nei sensi di cui alla motivazione del ricorso di primo grado, mentre l'appello incidentale sia in parte infondato ed in parte improcedibile.

1.1. Come esposto nella parte in fatto del presente elaborato, mercè la richiamata sentenza parziale n. 755/2015 il Collegio, nel decidere immediatamente alcune questioni, ha disposto un supplemento istruttorio con riguardo al nodo centrale della causa.

1.2. In data 3 luglio 2017 è stata depositata la relazione di verificazione -in ordine al cui contenuto le parti hanno ulteriormente controdedotto.

2. Ritiene il Collegio che, a questo punto, la causa sia matura per la decisione, e che, ancor prima di sintetizzare gli esiti della relazione di verificazione e le ulteriori argomentazioni critiche esposte dalle parti, seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall'Adunanza plenaria n. 5 del 2015), in ordine logico sia prioritario l'esame delle eccezioni proposte dalla società appellata (in ultimo ribadite nella memoria conclusionale, ed il cui contenuto si è sintetizzato nella parte in fatto del presente elaborato) tese a sostenere che il ricorso di primo grado (ed anche il riunito appello) sarebbero divenuti improcedibili.

2.1. Detta composita eccezione è infondata, sia in punto di diritto sia avuto riguardo alle risultanze fattuali, in quanto:

a) in punto di fatto si osserva che:

I) la parte appellante principale contestava in toto il titolo abilitativo del 2011;

II) ha impugnato anche il secondo permesso di costruire rilasciato alla appellata società con ricorso tuttora pendente innanzi al T.a.r (r.g. 3910/2014);

III) le Scia in variante accedono all'originario titolo edilizio;

IV) a tutto concedere, comunque, la stessa parte appellata riconosce che la volumetria assentita è comunque superiore rispetto a quella calcolata come "legittimamente assentibile" dal verificatore (il volume in ultimo assentito era pari a mc 7806,04 e quindi comunque superiore a quello indicato dal verificatore seppur in tesi, secondo parte appellata erroneamente) e pari a mc 7704,45 per cui, semmai, il problema sarebbe di merito, e non potrebbe giammai essere risolto con una pronuncia in rito e per di più di improcedibilità;

b) in diritto, si rammenta che:

I) soltanto l'ipotesi (non ricorrente nel caso di specie) di nuovo permesso di costruire, che si sostituisca integralmente al titolo edilizio originariamente impugnato, prendendone il posto con effetto retroattivo, e che detti una nuova disciplina del rapporto amministrativo controverso, imporrebbe una dichiarazione di improcedibilità; e ciò soltanto laddove si accertasse che il nuovo atto sia espressione di una rinnovata funzione amministrativa e non della mera esecuzione del dictum giurisdizionale (tra le tante, di recente, si veda la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 776 del 21.2.2017);

II) il principio è stato bene espresso in passato nella decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3094 con la quale è rimasto chiarito che "il rilascio di una variante non essenziale non è idonea a riaprire i termini per impugnare il permesso di costruire originario, mentre lo è quella essenziale, che consente la realizzazione di un quid novi e, quindi, va qualificata come 'nuova' concessione; ma, ovviamente, il rilascio della variante non è idoneo a determinare la riapertura del termine per l'impugnazione del permesso di costruire originario allorché i vizi dedotti siano ascrivibili ad esso.";

III) nel caso di specie non ricorrono i presupposti per alcuna declaratoria di improcedibilità: le Scia parziali (talune delle quali, peraltro, per espressa ammissione della parte appellata, presentate al solo fine di "rispondere" alla sentenza di primo grado parzialmente demolitoria del T.a.r.) non immutano le caratteristiche essenziali del plesso immobiliare (sagoma ed ingombro), mentre il nuovo permesso di costruire rilasciato è stato tempestivamente impugnato ed il relativo ricorso pende in primo grado: pertanto l'eccezione di improcedibilità va disattesa.

3. Nel merito, si osserva che la relazione di verificazione ha rappresentato i dati che sono stati riportati nella parte in fatto, mentre nell'ultima parte dell'elaborato il verificatore ha confutato le obiezioni proposte dal consulente di parte della appellata società I..

3.1. Il dato normativo dal quale trarre le mosse è rappresentato dal disposto di cui all'art. 5 della L.R. della Campania n. 19 del 28 dicembre 2009 che per comodità espositiva si riporta di seguito: "1. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito l'aumento, entro il limite del trentacinque per cento, della volumetria esistente degli edifici residenziali per interventi di demolizione e ricostruzione, all'interno della stessa unità immobiliare catastale e delle pertinenze esterne asservite al fabbricato.

2. L'aumento di cui al comma 1 è consentito:

a) nel caso di edifici a destinazione abitativa ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), la cui restante parte abbia utilizzo compatibile con quello abitativo;

b) per interventi che non modificano la destinazione d'uso prevalente degli edifici interessati;

c) nel caso di edifici residenziali ubicati in aree urbanizzate, nel rispetto delle distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'articolo 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765);

d) su edifici residenziali ubicati in aree esterne agli ambiti dichiarati in atti formali a pericolosità o rischio idraulico e da frana elevata o molto elevata;

e) su edifici ubicati in aree esterne a quelle definite ad alto rischio vulcanico.

3. Il numero delle unità immobiliari residenziali originariamente esistenti può variare, purché le eventuali unità immobiliari aggiuntive abbiano una superficie utile lordanon inferiore a quarantacinque metri quadrati.

4. E' consentito, nella realizzazione dell'intervento di cui al comma 1, l'incremento dell'altezza preesistente fino al venti per cento oltre il limite previsto all'articolo 2, comma 1, lettera h).35

5. Per la realizzazione dell'aumento è obbligatorio:

a) l'utilizzo di tecniche costruttive, anche con utilizzo di materiale eco-compatibile, che garantiscano prestazioni energetico- ambientali nel rispetto dei parametri stabiliti dagli atti di indirizzo regionali e dalla normativa vigente. L'utilizzo delle tecniche costruttive ed il rispetto degli indici di prestazione energetica fissati dalla Giunta regionale sono certificati dal direttore dei lavori con la comunicazione di ultimazione dei lavori. Gli interventi devono essere realizzati da una ditta con iscrizione anche alla Cassa edile comprovata da un regolare DURC. In mancanza di detti requisiti non è certificata l'agibilità, ai sensi dell'articolo 25(R) del D.P.R. n. 380 del 2001, dell'intervento realizzato;

b) il rispetto delle prescrizioni tecniche di cui al D.M. n. 236 del 1989, attuativo della L. 9 gennaio 1989, n. 13 (Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati);

c) la conformità alle norme sulle costruzioni in zona sismica.

6. Per gli edifici residenziali e loro frazionamento, sui quali sia stato realizzato l'aumento ai sensi della presente legge, non può essere modificata la destinazione d'uso se non siano decorsi almeno cinque anni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori.

7. L'aumento non può essere realizzato su edifici residenziali privi di relativo accatastamento ovvero per i quali al momento della richiesta dell'ampliamento non sia in corso la procedura di accatastamento.

L'aumento non può essere realizzato, altresì, in aree individuate, dai comuni provvisti di strumenti urbanistici generali vigenti, con provvedimento di consiglio comunale motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge.

8.Negli interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, a parità di volume, di cui al comma 1 del presente articolo, possono essere mantenute le distanze già esistenti da edifici fronteggianti, qualora inferiori a quelle prescritte per le nuove edificazioni dalla normativa vigente".

2.3. Ritiene il Collegio che, all'esito della verificazione espletata (il Collegio chiarirà di seguito le ragioni di non persuasività delle obiezioni prospettate dalla parte appellata) sia risultata fondata la censura contenuta nel ricorso di primo grado volta a contestare l'illegittimità del permesso di costruire, e sia parimenti risultata fondata la critica della parte originaria ricorrente ed odierna appellante principale volta a criticare la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva limitato l'illegittimità riscontrata alla sola eccedenza di incremento volumetrico assentito (esuberante rispetto alla consistenza del preesistente immobile) nella misura di mc 212.

2.3.1. Invero non è contestabile (come meglio sarà di seguito chiarito) che il Corpo A - che è stato computato, ai fini del calcolo del complessivo incremento volumetrico relativo all'immobile assentito con il contestato permesso di costruire n. 20/2011 - non fosse censito in catasto e che, alla data di presentazione della domanda di rilascio del titolo edilizio (e per quel che rileva, anche alla data di rilascio del titolo edilizio, e successivamente) non fosse in corso la procedura di accatastamento.

2.4. Ciò comporta che:

a) l'unico volume "rilevante" in tal senso, al fine di ottenere " l'aumento, entro il limite del trentacinque per cento, della volumetria esistente degli edifici residenziali per interventi di demolizione e ricostruzione, all'interno della stessa unità immobiliare catastale e delle pertinenze esterne asservite al fabbricato", fosse il Corpo B;

b) posto che tale circostanza fattuale non è -per le ragioni di seguito chiarite- contestabile, ne discende che:

I) è del tutto inaccoglibile l'argomento della parte appellata, incentrato sulla circostanza che "il corpo A esisteva": la legge regionale è perentoria e, posto che lo stesso non era accatastato, né era in corso la procedura di accatastamento, la circostanza che lo stesso fosse esistente, e sin da tempo risalente, in nulla rileva;

II) espungendo il medesimo dalla volumetria utile per ottenere l'incremento, discende che il volume autorizzabile era pari a complessivi mc 7704,45; ed a tutto concedere, anche a volere stimare il volume del corpo A (siccome sostenuto dal Consulente di parte appellata, e siccome fermamente contestato dal verificatore, che la stima in mc 227,00 di volume totale ) in mc 847, ed a volere computare tale volumetria (ma senza ampliamento del 35%, per quello che si è sin qui detto) a mc 7704,45, si raggiunge la cifra di mc 8551,45;

III) tale cifra è inferiore a quella assentita, in quanto il volume autorizzato dal permesso di costruire n. 20/2011 è superiore a tale ampiezza, e pari a mc.9036,29 (per il vero, nella specie, la volumetria infine autorizzata è stata pari a mc. 8.995,24)

2.4.1. All'evidenza risulta quindi fondata la tesi dell'appellante.

2.4.2. L'appellata società obietta in proposto che la circostanza che l'immobile A fosse riportato nella mappa catastale implica che esso non si potesse considerare "non accatastato" e ricorre a suggestive evocazioni, secondo cui, ad argomentare nel senso fatto proprio dal verificatore, i notai non avrebbero potuto rogare gli atti di compravendita dell'immobile.

2.4.3. Non sembra al Collegio che l'obiezione colga nel segno, in quanto:

a) la L.R. della Campania n. 19 del 28 dicembre 2009 è all'evidenza un -seppur organico- corpo di disposizioni "speciale" (se non anche eccezionale) che prevede una disciplina di favore di natura derogatoria;

b) per evidenti esigenze di ordine e certezza, essa ha preteso che "l'aumento non può essere realizzato su edifici residenziali privi di relativo accatastamento ovvero per i quali al momento della richiesta dell'ampliamento non sia in corso la procedura di accatastamento";

c) un immobile è accatastato, laddove vi sia una certificazione catastale; infatti un immobile nella visura catastale è identificato da foglio, particella (o mappale) e subalterno del Comune di appartenenza, ed in virtù di ciò allo stesso è attribuita una "categoria" (A1, A2, etc) mentre un terreno è identificato da foglio e particella (o mappale);

c) nel caso di specie, nulla di tutto ciò (quanto al predetto rudere) si rinviene in atti, né la parte appellata ha altrimenti dimostrato che fosse in corso la procedura di accatastamento;

d) a far data dal 1985, è obbligatorio l'inserimento dei dati catastali degli immobili oggetto di compravendita negli atti notarili: il Collegio non conosce le ragioni per cui ciò non sia avvenuto nel caso di specie, ma certamente l'estratto di mappa catastale (non trattandosi di terreno agricolo ma, si ripete, di fabbricato) non può essere equipollente alla iscrizione in catasto;

e) la prova di ciò si rinviene nella circostanza che, oltre a non essere stata prodotta alcuna visura catastale, non è neppure stato prodotto il documento c.d. "Docfa" indispensabile per l'accatastamento di un immobile (non in corso di edificazione ma) in passato edificato e giammai accatastato, il che avrebbe potuto provare che fosse in corso la relativa procedura;

f) l'accatastamento -si ripete- implica l'inserimento nel catasto urbano di un immobile, con l'attribuzione di una categoria catastale (A1, A2, etc) ed eventualmente di una rendita: la società appellante nella propria memoria conclusionale in ultimo depositata oblia tali dati e, alle pagine 22-24, cerca di sovrapporre al concetto di accatastamento dell'immobile urbano quello relativo ai terreni agricoli (inserimento in mappa), ma, ovviamente, tali considerazioni sono inaccoglibili.

2.5. Quanto sinora rilevato, sarebbe sufficiente ad accogliere l'appello.

2.5.1. Per completezza espositiva, il Collegio si fa carico delle (ulteriori) obiezioni della parte appellata sul punto. A tale proposito non possono essere condivise le prospettazioni della società appellata ed appellante incidentale che - evidentemente resasi conto di tale incongruenza- cerca di superare tale ostacolo e si spinge a sostenere addirittura che il corpo B avesse una consistenza superiore a quella indicata financo nella richiesta di permesso di costruire e che il corpo A fosse di ampiezza quasi tripla rispetto a quella calcolata dal verificatore.

2.5.2. Il Collegio ritiene di evidenziare sul punto che la legittimità del permesso di costruire n. 20/2011 (comunque esclusa sulla scorta della surrichiamata evidenza documentale) non apparrebbe in ogni caso sussistere in quanto:

a) a volere comunque considerare la consistenza dell'immobile A ai fini del computo di volumetria senza che su di esso si possa calcolare, per le già chiarite ragioni (non accatastato al momento della presentazione della domanda di costruire), l'aumento del 35% emerge l'inconsistenza delle argomentazioni critiche mosse alla relazione ed alle conclusioni cui è approdato il verificatore, in quanto:

I) l'analitico calcolo del verificatore circa la consistenza ed ampiezza del fabbricato A non è stato in alcun modo contestato: l'appellante (anche nell'ultima memoria depositata) si limita a rilevare che esso era fatiscente ed in parte crollato all'epoca delle misurazioni sottese alla richiesta di rilascio del permesso di costruire, ma non dimostra in alcun modo in forza di quali calcoli, evidenze, elementi, si fosse giunti a computare, per detto fabbricato, un'altezza media pari a mt 7;

II) se poi con la memoria si volesse affermare che tale altezza era impossibile da ricavarsi e sia stata pertanto determinata sulla asserita pregressa consistenza ricavata in via documentale (la stessa parte appellata dà lealmente atto della circostanza che gli atti notarili e gli allegati a questi ultimi non recavano menzione di detto dato), l'affermazione assumerebbe portata latamente confessoria, in quanto la legge regionale della Campania fa riferimento ad opere di "demolizione e ricostruzione" su cui calcolare l'incremento volumetrico, e ciò all'evidenza non potrebbe ricomprendere ciò che non esiste più;

b) posto che le critiche alla determinazione del verificatore, in parte qua, si sono dimostrate non condivisibili, ne discende che:

I) sommando l'estensione di detto plesso A (siccome calcolato in mc 227,00 di volume totale nell'elaborato di verificazione) privo dell'incremento del 35% a quello del corpo B, non si raggiunge la misura della superficie assentita: il volume autorizzabile del corpo B, con l'incremento volumetrico del 35%, era pari a complessivi mc 7704,45; e, anche sommando i mc 227,00 del Corpo A, non si raggiunge la soglia di volume autorizzato dal permesso di costruire n. 20/2011 pari a mc.9036,29;

II) ma anche, si ripete, laddove si volessero sommare al dato di mc 7704,45 i mc 227,00 del Corpo A con l'incremento del 35%, (mc 306,45) - considerando quindi, contrariamente alle resultanze di causa che questo fosse stato accatastato, ovvero che fosse in corso una "procedura di accatastamento" della quale l'appellante incidentale non ha fornito né prova né indizio- non si raggiungerebbe la soglia assentita di a mc.9036,29.

III) ed infine, escluso che l'immobile fosse stato accatastato, anche a volere stimare il volume del corpo A (siccome sostenuto dal Consulente di parte appellata e siccome fermamente contestato dal verificatore, che la stima in mc 227,00 di volume totale ) in mc 847, ed a volere computare tale volumetria (ma senza ampliamento del 35%, per quello che si è sin qui detto) a mc 7704,45, si raggiungerebbe la cifra di mc 8551,45, comunque inferiore a quella stabilita nel permesso di costruire assentito che, lo si ripete, costituisce l'unico dato provvedimentale della cui legittimità questo Collegio è chiamato a giudicare.

3. Possono adesso trarsi le conclusioni discendenti da quanto sinora rappresentato evidenziando, in punto di diritto, le considerazioni che seguono.

3.1. In via preliminare, ed al fine di inquadrare i residui argomenti di censura che compongono il thema decidendi a seguito della già emessa sentenza parziale n. 755 del 12 febbraio 2015, si osserva che:

a) la originaria ricorrente aveva sempre chiesto (si veda esemplificativamente la pag.6, secondo cpv. dell'atto di ricorso di primo grado) "l'annullamento in toto del permesso di costruire" lamentando "la illegittimità dell'intervento edilizio nella sua globalità";

b) con l'atto di appello depositato in data 2.7.2013 ha censurato l'approdo della sentenza di primo grado, anche in punto di misurazioni del complesso immobiliare, e poi con l'atto contenente "ulteriori motivi appello" depositato in data 6.8.2013 ha tuzioristicamente ribadito che l'impugnazione era da intendersi riferita anche alla statuizione con cui il T.a.r. aveva pronunciato l'annullamento parziale e non invece totale del permesso di costruire;

c) in disparte il nomen attribuito a tale secondo atto di impugnazione (come è ben noto la qualificazione giuridica degli atti di impugnazione proposti dalle parti spetta al Giudice) certamente non trattasi di motivi aggiunti proposti ex art. 104 comma III del c.p.a. (tanto che non venivano dedotti fatti "nuovi" ovvero evidenze documentali "nuove") ma ivi era contenuta una (tuzioristica ad avviso del Collegio, visto che nella istanza di sospensione contenuta nel ricorso in appello depositato il 2.7.2013 si lamentava che la erroneità della sentenza del Ta.r. aveva consentito all'appellata, con una semplice s.c.i.a. di conseguire un illegittimo titolo al completamento dei lavori) specificazione del petitum già articolato nell'appello;

d) entrambi gli atti di impugnazione avverso la medesima sentenza, peraltro, erano tempestivi (la sentenza era stata depositata in data 18.3.2013) per cui, se anche si volesse ritenere che il secondo atto di impugnazione contenesse un petitum integrativo e "nuovo" rispetto al primo, esso era comunque tempestivamente proposto, e - rileva il Collegio d'ufficio, in quanto la tematica non ha formato oggetto di apposita eccezione da parte dell'appellata società - non potrebbero essere quindi sollevati dubbi in ordine all'ammissibilità del medesimo.

3.2. Accertato che questo era il petitum originario, e che tale petitum è stato riproposto in appello (mentre si evidenzia che i motivi aggiunti in appello depositati il 28.3.2014 contengono mere specificazioni delle originarie censure, incentrate sugli atti medio tempore emessi in seno al parallelo procedimento penale avviatosi nell'ambito del quale la originaria ricorrente si era costituita parte civile), il Collegio deve farsi carico di esaminare l'obiezione di parte appellata secondo la quale, avuto riguardo alla particolarità della fattispecie (si trattava di un intervento di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione giovandosi dell'incremento volumetrico di cui al c.d. "piano casa") ed in ossequio al principio c.d. di "conservazione" degli atti , correttamente il T.a.r. aveva annullato soltanto parzialmente il permesso di costruire (vedasi in ultimo pagg. 25-28 della memoria depositata dalla società I. in data 4.10.2017) .

3.3. Osserva sul punto il Collegio che l'obiezione della appellata società non può trovare accoglimento:

a) si ribadisce anzitutto che la parte originaria ricorrente aveva contestato in toto il permesso di costruire rilasciato nel 2011 all'appellata società;

b) talune delle censure proposte (volte a mettere in dubbio l'applicabilità del c.d. Piano caso, la legittimità costituzionale di detta normativa regionale e degli atti del comune di Marigliano che vi avevano dato applicazione) sono state respinte dal T.a.r. e sul punto la sentenza di primo grado è stata confermata dalla sentenza parziale n. 755 del 12 febbraio 2015: tali capi di decisione costituiscono giudicato irrefragabile;

c) le censure residue sulle quali occorre pronunciarsi, tuttavia, non si limitavano a contestare "in parte" l'incremento volumetrico accordato: si ripete che negli atti ricorsuali si era sostenuta la illegittimità complessiva del titolo edilizio, a cagione dell'inassentibilità della cubatura realizzabile;

d) sotto il profilo fattuale, quindi, la ricostruzione che parte appellata pone a supporto della propria eccezione non è del tutto esatta.

3.4. In punto di diritto, si osserva invece che:

a) la regola giurisprudenziale applicabile al caso di specie riposa nel principio, affermato da consolidata giurisprudenza, per cui l'annullamento parziale del titolo edilizio, e quindi la sua correlata parziale sopravvivenza, è ammissibile solo quando l'opera autorizzata sia scindibile, così da poter essere oggetto di distinti progetti e realizzazioni, ma non nel caso che riguardi una realizzazione unitaria, rispetto alla quale l'annullamento non può che essere del titolo nella sua interezza;

b) è stato altresì chiarito che (Consiglio di Stato, sez. IV, 31 luglio 2007, n. 4256; sez. IV, 5 febbraio 1998, n. 198), sia pure con riferimento all'autotutela, "l'Amministrazione non ha la possibilità di disporre l'annullamento parziale di un permesso di costruire volto alla realizzazione di un complesso immobiliare comprendente più corpi di fabbrica diversi e funzionalmente collegati, non avendo alcun potere di rielaborare il progetto, trattandosi di valutazioni e di scelte rimesse in via esclusiva all'autonomia privata";

c) qualche pronuncia di tribunale amministrativo, soffermandosi sull'esercizio del potere repressivo amministrativo, ha affermato in passato che, con specifico riferimento all'eccesso di volumetria (

T .A.R. Ancona,-Marche-, sez. I, 12dicembre 2013, n. 907 ) "in sede di esercizio del potere di annullamento di un titolo abilitativo edilizio l'Amministrazione è tenuta a valutare motivatamente se sia possibile la rimozione degli elementi del progetto che risultino illegittimi o non assentibili, nonché dei vizi della procedura amministrativa, con la conseguenza che è illegittimo l'annullamento totale del permesso di costruire laddove non sia stata adeguatamente ponderata la possibilità di emendare il progetto dagli elementi non assentibili, ovvero di addivenire ad un annullamento parziale del titolo abilitativo. Ed infatti, la parziale illegittimità del permesso di costruire impone all'Amministrazione di individuare le parti abusive, distinguendole da quelle legittimamente realizzabili, agli effetti di un annullamento parziale del permesso di costruire; in particolare, nel caso in cui il titolo abilitativo risulti viziato per violazione dei limiti di volumetria, non può immotivatamente ritenersi impossibile distinguere la parte legittima da quella eccedente i limiti volumetrici e come tale non assentibile");

d) nel caso di specie però, anche a tenere conto dell'orientamento in ultimo menzionato, appare evidente (e mai contestato da alcuno) che ci si trovi al cospetto di un edificio unitario, e di un corpo unico non scindibile, per cui ha errato il T.a.r. a non disporre l'annullamento totale del titolo, una volta riscontratane la illegittimità;

e) si osserva in ultimo, che la regola appare conforme all'art. 34 comma II del c.p.a.: accertata la illegittimità del titolo edilizio, relativamente ad un complesso immobiliare unitario ed inscindibile, spetta al comune valutare quali debbano essere le statuizione consequenziali.

4. A questo punto dell'esposizione, deve quindi porsi in luce che: è rimasto accertata la non fruibilità dell'edificio A ai fini dell'ottenimento dell'incremento del 35% della cubatura dello stesso da utilizzarsi nella realizzazione dell'immobile complessivamente inteso; che le misurazioni del Corpo A rese dal verificatore nominato dal Collegio appaiono corrette ed affidabili e che al contrario certamente non lo erano quelle prospettate in sede di progettazione allegata all'istanza di permesso di costruire; che in ogni caso - a tutto concedere, e senza recesso alcuno da quanto si è finora affermato- in virtù della assorbente circostanza del non accatastamento del corpo A, ove anche la misurazione originaria del predetto corpo A fosse stata corretta, a cagione dell'omesso accatastamento di detto plesso (e della infruibilità di detta cubatura ai fini dell'ottenimento dell'incremento del 35% su quest'ultima) il permesso di costruire rilasciato risulta illegittimo in quanto conformato su una cubatura in realtà inassentibile.

4.1. Da quanto esposto ne deve discendere l'annullamento integrale del titolo edilizio originariamente impugnato (permesso di costruire n. 20 del 14 marzo 2011), mentre è ovvio che l'appello incidentale è in parte infondato (quanto alle censure relative alla misurazione del Corpo A, per quel che si è prima detto) ed in parte improcedibile, in quanto la parte appellante incidentale propone doglianze incentrate sulla misurazione delle aree che anche laddove fondate non potrebbero superare la evidenza della infruibilità del Corpo A per il calcolo delle realizzande cubature.

4.1.1.Conslusivamente, richiamata la sentenza parziale n755 del 12 febbraio 2015 e pronunciando sulla residua censura n. 2 dell'appello non ivi definitivamente decisa, il Collegio dichiara l'appello principale fondato, e per l'effetto, in parziale riforma della impugnata sentenza di prime cure, annulla integralmente il titolo abilitativo edilizio impugnato, mentre dichiara l'appello incidentale in parte infondato ed in parte improcedibile.

5. Quanto alle spese del doppio grado di giudizio, esse possono essere integralmente compensate tra le parti, stante la complessità fattuale della controversia.

Restano a carico della soccombente società (come già peraltro statuito nella decisione parziale n. 755 del 2015) le spese di verificazione, che vanno liquidate nella misura complessiva di Euro 6000/00, oltre oneri accessori, se dovuti (la nota spese indicava una somma complessiva pari ad Euro 6.959,51 di cui Euro 1383,11 per spese) e la parte soccombente onerata dovrà ovviamente rimborsare all'appellante principale, ove già da questa versato, l'importo di Euro tremila (Euro 3000//00), che, a titolo di anticipazione, erano state poste a carico della parte appellante principale nella citata decisione parziale n. 755 del 2015.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in parziale riforma dell'impugnata decisione, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla integralmente il titolo abilitativo edilizio impugnato; dichiara l'appello incidentale in parte infondato ed in parte improcedibile.

Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Restano a carico della soccombente società (come già peraltro statuito nella decisione parziale n. 755 del 2015) le spese di verificazione, che vanno liquidate nella misura complessiva di Euro 6000/00, oltre oneri accessori, se dovuti; la parte soccombente onerata dovrà rimborsare all'appellante principale , ove già da questa versato, l'importo di Euro tremila (Euro 3000//00), che, a titolo di anticipazione, erano state poste a carico della parte appellante principale nella citata decisione parziale n. 755 del 2015.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Giuseppe Castiglia, Consigliere

Luca Lamberti, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere


Avv. Francesco Botta

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